Ancora per qualche giorno su Rai Play è possibile vedere Gabriele Del Grande all’opera nel suo documentario premiato a Venezia e capire un po’ di più in cosa consista il suo impegno professionale e umano per abbattere i muri eretti dalla Fortezza Europa ♦
Gabriele Del Grande è dunque da ieri in Italia, di nuovo da uomo libero. Per quattrodici lunghi giorni è stato privato della libertà personale, fermato dalla polizia turca mentre raccoglieva testimonianze e svolgeva interviste sul confine con la Siria per un libro sulla guerra e la nascita dell’ISIS. Solo la mobilitazione dell’opinione pubblica e l’impegno della Farnesina gli hanno evitato di fare esperienza fino in fondo del trattamento che in Turchia viene riservato agli operatori liberi dell’informazione.
È stato durante questo periodo di detenzione che i più hanno preso a chiedersi chi fosse Gabriele Del Grande e quale fosse il suo mestiere. Gli stessi cronisti sono apparsi un po’ spiazzati nel riferirsi a lui, trattandolo da collega ma con qualche esitazione a qualificarlo giornalista tout court – visto che non è iscritto all’apposito albo – e togliendosi dall’imbarazzo con il dargli del blogger, oppure sfoderando per l’occasione doppiette di epiteti in composizione sempre diversa: giornalista e blogger, reporter e scrittore, giornalista e documentarista, regista e blogger.
Della natura così cangiante dell’impegno professionale (e umano) di Del Grande è possibile farsi un’idea osservandolo all’opera nel documentario Io sto con la sposa che lo vede tra gli autori e tra i protagonisti. Alla Mostra del cinema di Venezia, dove nel 2014 era stato proiettato fuori concorso nella sezione Orizzonti, Io sto con la sposa ha avuto tre premi, con un riconoscimento tra l’altro alla innovativa forma di produzione dal basso che lo ha reso “il primo e più importante film italiano in crowdfunding e, forse, uno dei maggiori a livello mondiale”.
Il film è stato trasmesso da Sky Arte HD nella serata di sabato 22 aprile, al culmine della campagna di mobilitazione dell’opinione pubblica per la liberazione di Del Grande lanciata dall’hashtag #iostocongabriele. Il servizio pubblico, un po’ in sordina, ha programmato il film lo stesso giorno nel palinsesto pomeridiano di Rai Tre. Non proprio una collocazione da grandi ascolti, ma chi fosse interessato ha ancora tre giorni per vederlo grazie a Rai Play.
Il consiglio è di non perdere l’occasione di vedere Io sto con la sposa. Un film che è più di un film: è il resoconto di un’esperienza di quelle capaci di cambiarti la vita e forgiarti un’opinione. Ed è anche una sorta di apologo sulla necessità dell’insubordinazione alle leggi europee che regolano l’immigrazione.
Ci sono cinque profughi siriani, in fuga dalla guerra e sopravvissuti a fatica alla traversata sui barconi dalla Libia alle coste italiane. E c’è un gruppo di attivisti di varia provenienza, tra di essi Gabriele del Grande, disposti a rischiare il carcere per aiutare questi profughi siriani a raggiungere la Svezia per ottenere lo status di rifugiato, varcando illegalmente i confini interni della “fortezza” europea a cui lo stesso Gabriele intitola il suo blog Fortress Europe. Ma per riuscire nell’impresa il trucco escogitato, che dà il titolo al film, è quello di mettere in scena un finto corteo nuziale per confondere le polizie di frontiera. Un espediente tanto grottesco e inverosimile da volgere l’impresa in sberleffo, e il racconto da docufilm drammatico a road movie libertario condito con toni un po’ surreali da commedia balcanica.
Esito dell’apologo di Io sto con la sposa è stato poi la vetrina veneziana, che ha dato spazio a un film che fin dal titolo chiede al pubblico di schierarsi, di farsi testimone consenziente di atti di disobbedienza civile perseguibili come reati. Nell’occasione, Del Grande dichiarava alla stampa: “Siamo stanchi di dividere gli esseri umani in legali e illegali. E siamo stanchi di contare i morti in mare. Non sono vittime della burrasca, ma di leggi europee alle quali è arrivato il momento di disobbedire per riaffermare il principio della libertà di circolazione”.
Il film si conclude su una dedica “ai nostri figli perché ricordino sempre che nella vita arriva il momento di scegliere da che parte stare”. E non c’è dubbio: a seguire la storia dello studente Abdallah, degli anziani coniugi Ahmad e Mona, del piccolo Manar aspirante rapper e di suo padre, non si può che scegliere di stare dalla loro parte. Di stare dalla parte della sposa, dalla parte di Gabriele Del Grande e di quelli come lui.